Forse me ne sono andato perché, come tanti amici, ci credevo anch’io: la Sicilia è al centro del mondo e il centro della Sicilia è dunque il centro del centro del mondo. Per liberarmi da questo insopportabile peso, una ventina di anni fa mi sono trasferito a Roma. Ma, laggiù, ci scendo ogni qualvolta che posso: torno sempre sul luogo del delitto.
Anche perché, non so bene come spiegarlo, la Sicilia è sempre la stessa e sempre diversa.
L’ho esplorata e raccontata per molto tempo. All’inizio come cronista all’Ora, poi dal 1980 al 2020 come corrispondente e inviato di Repubblica. Guerre di mafia, omicidi eccellenti, stragi, misteri, intrighi di corte, rivoluzioni mancate.
Mi sono spostato anche più su. In Calabria, in Puglia, in Campania. Passaggi di lunga durata, un attraversamento del nostro Mezzogiorno che mi ha aiutato a capire quanto era uguale e quanto lontano dalla mia Sicilia. Mi sono inoltrato anche più a sud, dall’altra parte del Mediterraneo, sulle tracce del popolo africano in fuga dalla fame e dalla violenza.
Ho girato un po’. I Balcani, Kabul dopo l’11 settembre, Bagdad dopo la caduta di Saddam Hussein.
Come giornalista ho avuto la ventura di seguire per qualche decennio alcuni avvenimenti importanti del nostro Paese e, a volte, mi sono sentito trasportato dal mestiere “nella corrente della vita”. In ogni storia, come diceva Pasolini, ho cercato di abbassarmi per vedere tutto da vicino e di alzarmi per vedere tutto da lontano. Forse ci sono riuscito o forse no.
Ho avuto anche la fortuna di lavorare con due amici molto speciali. Uno non c’è più, Giuseppe D’Avanzo, un maestro di giornalismo. E l’altro è Franco (per me “Franchino”) Viviano, uno spietato cacciatore di notizie.
Che altro dire?
Ho scoperto il teatro quando ero già abbastanza avanti con l’età, così mi sono ritrovato quasi per caso autore di un paio di rappresentazioni andate in scena a Londra, Roma, Parigi e naturalmente Palermo. Un’altra rivelazione tardiva: la telecamera. Me ne ha fatto innamorare, fra i campi incolti di un antico feudo siciliano dove c’erano contadini che non avevano mai visto il mare, il giovane regista Massimo Cappello.
Per sapere qualcosa in più su di me, in questo sito troverete i miei libri e una selezione di inchieste, commenti, analisi, interviste e reportage che ho firmato dalla metà degli Anni Ottanta. Oggi scrivo per il Domani.
Quasi dimenticavo: faccio parte di una piccola comunità di giornalisti, intellettuali, saggisti e narratori che ha rilevato quote di una casa editrice. Si chiama “Zolfo”, ha uno sguardo obliquo sulla realtà e naviga controvento.
Mi piace capire cosa ho intorno.
Commenti recenti: